Il respiro della bambina che dorme, e poi si ingrossa e qualche volta si ferma per diventare pianto, lo confondo con molte cose che mi sono intorno. Lo confondo ad esempio con la ventola del portatile. O la mia pancia che fa i rumorini, o quella del cane, che fa i rumorini. Lo confondo con il vento fuori. Il vento dell’inverno ma pure il vento dell’estate. E anche il vento che tira la fiamma nel caminetto. Lo confondo con l’acqua nei radiatori appena spenti che scorre, gocciola dove non lo so. Ma anche con l’acqua del rubinetto. Lo confondo con un pensiero partito da un’altra parte e arrivato fuori dalla testa, che adesso è un oggetto quadrato che sta in aria, immobile, vicino la tempia e io mi accorgo dei miei occhi che si fanno piccini e dico “zitta un attimo”, oppure metto il mute alla televisione. Lo sento, quando il respiro viene in pianto, col cane fuori, con una porta che si lascia andare da sola fino al battente. Lo sento con i passi in casa e quelli fuori dalla porta, sulla ghiaia e sulla breccia. Lo sento con la musica, tutta la musica. Con le voci. Lo sento nel silenzio perché a quest’ora dovrebbe esserci la voce della bambina, ma ancora manca.
Respiro
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